A fronte delle tante ricchezze che può vantare in molti campi, storicamente l’Italia sconta una diffusa povertà di materie prime. Negli ultimi decenni, per fronteggiare la mancanza di fonti energetiche tradizionali, si sono diffusi in tutto il Belpaese impianti di energie rinnovabili: dagli impianti solari a quelli eolici fino ai solari-termici non mancano valide alternative per ottenere energia pulita.
A partire dal 2018 è possibile immettere in rete il Biometano, combustibile ottenuto tramite l’impiego di rifiuti urbani, di scarti agroalimentari, di fanghi di depurazione e di discariche esaurite. Questo carburante, che da tempo viene utilizzato per rifornire mezzi pesanti con evidenti benefici per la sostenibilità del trasporto su strada e del trasporto pubblico locale, nel giro di pochi anni, potrebbe soddisfare il 10% del fabbisogno nazionale di gas trasformando rifiuti – e quindi costi – in risorse.
Alle tecnologie, alla gestione e agli usi finali del biometano è stato dedicato l’incontro organizzato, nei giorni scorsi, a Bologna da Legambiente al quale hanno partecipato diversi players del settore, istituzioni e portatori d’interesse.
Due sono le richieste avanzate, nel corso dell’incontro, da parte di Legambiente: l’organizzazione di una campagna capillare di informazione sul biometano “fatto bene” nonché l’attivazione di processi di partecipazione territoriale che, favorisca una corretta pianificazione degli impianti di produzione.
Nel passato, infatti, si sono reiterati episodi che hanno visto enti, cittadini e organizzazioni del territorio manifestare contro progetti di impianti di produzione. Nonostante i vantaggi che la filiera del biogas e del biometano comportano in termini di decarbonizzazione del settore dei trasporti, di lotta all’inquinamento atmosferico, nel ciclo dei rifiuti e nella valorizzazione del settore agricolo e dei suoli, serve un lavoro di corretta informazione e una migliore pianificazione degli impianti e delle loro caratteristiche: sono infatti diverse le situazioni in cui enti, cittadini e organizzazioni del territorio manifestano paure e denunciano criticità rispetto ai progetti presentati.
L’assenza di linee guida per uno sviluppo di impianti non solo sostenibili ma anche integrati nei territori rappresenta un freno allo sviluppo di queste tecnologie e, per Legambiente, è essenziale che il governo e le Regioni fissino le regole chiare e certe e mandino segnali chiari e univoci per evitare il diffondersi di pregiudizi.
E’ quindi essenziale una pianificazione territoriale basata su un censimento della materia organica disponibile coinvolgendo il settore agricolo e quello della gestione dei rifiuti. Va poi formulata una valutazione delle tecnologie utilizzate e un bilancio complessivo di consumi ed emissioni di gas serra per evitare che i benefici siano marginali. Vanno infine fissati obiettivi chiari e lungimiranti sia dal punto di vista quantitativo che strategico per raggiungere l’obiettivo della copertura del 10% del gas fossile attuale con il biometano.
Non si può, infine, prescindere dalla realizzazione di una rete di impianti di riciclaggio dei rifiuti a cominciare da quelli di digestione anaerobica e compostaggio per il trattamento della frazione organica che rappresenta il 40,3% del quantitativo recuperato dalla raccolta differenziata (6,6 milioni di tonnellate su 16,4 totali, con un aumento del 10% circa negli ultimi 10 anni). Secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto del Consorzio italiano compostatori (CIC), gli impianti di digestione anaerobica per il trattamento dell’organico ricevono solamente 3 milioni di tonnellate che rappresenta meno della metà del quantitativo raccolto.
“L’Italia, con 1.600 impianti a biogas, è il secondo produttore di biogas in Europa e il quarto al mondo - ha dichiarato il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti - ha quindi un potenziale produttivo di biometano alto, stimato al 2030 in 10 miliardi di metri cubi, di cui almeno otto da matrici agricole, pari a circa il 10% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale. E l’approvazione del decreto del 2 marzo 2018, che ha introdotto nuovi incentivi per la produzione di biometano finalizzato al settore trasporti, è un ottimo strumento. Anche se la finestra degli incentivi si chiude al 2022 e occorre quindi uno sforzo di tutti per riuscire a mettere in campo procedure e iter per la realizzazione degli impianti che tengano conto di questo vincolo temporale. Positivo e importante in questo contesto il segnale che arriva dalle aziende nell' investire in innovazione e produrre progetti sempre più interessanti”.