In occasione del World Wildlife Day 2020, sulla base dei dati contenuti nel report quinquennale sulla Direttiva Habitat - normativa comunitaria relativa alla protezione delle specie maggiormente a rischio estinzione – il WWF ha delineato il quadro dello stato di salute delle specie e degli habitat italiani più a rischio: la situazione è tutt’altro che rosea.
Considerando le 570 specie italiane protette dalla Direttiva Habitat – e non considerando il 5% del quale non si hanno dati sufficienti per una valutazione secondo gli standard europei - solo 248 (43%) possono vantare uno stato di conservazione favorevole mentre 206 (36%) soffrono uno stato di conservazione inadeguato e ben 93 (16%) addirittura sfavorevole.
Fra le specie più a rischio (non considerando gli uccelli che sono tutelati da una specifica Direttiva) oltre l’80% delle specie ittiche considerate manifestano uno stato di conservazione non favorevole e il 39% del totale addirittura cattivo. Il trend della popolazione ittica è in diminuzione e specie come storione cobice, barbo canino e trota macrostigma sono a rischio estinzione.
Per quanto riguarda gli anfibi, ben il 64% delle specie sono in uno stato di conservazione cattivo o comunque inadeguato e varietà come l’ululone appenninico e la salamandra di Aurora sono fortemente a rischio. Grave è anche la situazione dei mammiferi: in media, solo 4 specie su 10 tra quelle presenti nella direttiva presentano uno stato di conservazione favorevole e animali come la lince, la foca monaca, l’orso marsicano e anche i pipistrelli sono a rischio estinzione.
Se la passano poco meglio i rettili (67% in buono stato) e gli artropodi (53%) mentre solo il 46% delle piante è in uno stato di conservazione favorevole e, nel caso dei muschi e licheni, la percentuale crolla al 21% e con l'abete dei Nebrodi e il ribes di Sardegna a rischio estinzione.
In relazione agli habitat, tra i tipi tracciati nella Direttiva solo il 10% (pari a 26 habitat) vanta un buono stato di conservazione mentre il 47% (124 habitat) risulta inadeguato e il 39% di essi (102 habitat addirittura cattivo.
Nessuno degli habitat dunali, di acqua dolce, delle torbiere e degli acquitrini si trova in uno stato di conservazione favorevole.
Nel caso delle lande e arbusteti temperati poco più della maggioranza degli habitat (55%) si trova in uno stato di conservazione favorevole e decisamente peggiore è la percentuale degli habitat costieri e marini (26%) e di quelli rocciosi sia delle macchie di sclerofille (15%)
Quali sono le ragion di tale scenario? Innanzitutto (in termini di numero di habitat impattati da ciascun fattore) v’è l’agricoltura che interessa oltre il 68% degli habitat protetti dalla Direttiva. Impatti negativi sul 58% degli habitat sono poi ricollegabili alle specie aliene mentre il 56% degli habitat subisce l’impatto negativo delle infrastrutture ad uso industriale, commerciale, residenziale e ricreativo. Incidono altresì negativamente sugli habitat le attività forestali, le modifiche ai regimi idrici legate alle attività umane, i cambiamenti climatici nonché i processi naturali che favoriscono l’espansione di alcuni habitat a discapito di altri.
“La biodiversità è il nostro vero tesoro, la cui ricchezza non ha pari in Europa”, dichiara Marco Galaverni, Direttore Scientifico WWF Italia. “Come le opere d’arte che riempiono d’orgoglio il Bel Paese, anche la natura di casa nostra va tutelata al meglio. Purtroppo siamo ancora ben lontani dal riuscirci, per questo speriamo che il 2020 sia finalmente un anno di svolta in cui governi, regioni, comuni, aziende e singoli cittadini comprendano che senza natura non possiamo vivere e si attivino per conservarli con ambizione e coraggio. Non possiamo più rimandare”.